Federer e Nadal , la rivalità delle rivalità
Come loro nessuno mai. Lo dicono i numeri e lo dicono le emozioni che hanno regalato. Qualcuno dice che sono in declino, di certo il meglio lo hanno già dato ma se Federer a 34 anni e mezzo è ancora in grado di battere per tre volte in stagione un Djokovic in formato deluxe e se il maiorchino nell'annata più disgraziata di sempre in cui è apparso più lento, meno potente e più insicuro del solito chiude al numero 5 del ranking, allora... si capisce perchè quando erano al top, questi due fenomeni hanno dominato in lungo e in largo.
Su chi sia il migliore dei due si è aperto un dibattito ormai decennale e nel libro Roger Federer. Perchè è il più grande edito da Area51, si dedica un intero capitolo proprio alla rivalità tra lo spagnolo e lo svizzero. La sensazione è che senza la reciproca ingerenza, entrambi avrebbero vinto molto di più ma che noi da appassionati ci saremmo divertiti molto di meno.
Questo l'estratto del libro in cui si sottolinea la superiorità di Nadal negli scontri diretti ma come il giudizio complessivo vada fatto anche prendendo in considerazione altri fattori.
...Prima di snocciolare alcuni record di Federer, abbiamo
scomodato Winston Churcill per sottolineare come i dati di fatto siano ottimi
argomenti. Analogamente, dobbiamo farlo per indicare un’evidente falla
nell’impalcatura che sorregge la nomina a GOAT dell’elvetico. Il bilancio degli
head to head è uno sconfortante 23-11 a favore dello spagnolo. Come è possibile
che il più grande di sempre abbia un distacco così pronunciato negli scontri
diretti con il suo acerrimo rivale? Qui non ci sono solo ragioni tecniche – che
di per sé sono significative – ma anche motivazioni caratteriali (se possibili
ancora più gravi per chi sostiene Roger). Non c’è dubbio che se si fosse
costruito in laboratorio un anti-Federer avrebbe avuto le sembianze e le
caratteristiche di Rafael Nadal[1].
Un mancino dalle rotazioni disperatamente accentuate dotato di un fisico che
trovava un misterioso equilibrio tra potenza, velocità e resistenza. Da un
punto di vista tattico, Federer ha sofferto cronicamente il braccio di ferro
sulla diagonale che contrapponeva il suo rovescio a una mano con i dritto turbinoso
del maiorchino. Era proprio il particolare effetto, il top spin, che
determinava un rimbalzo insolitamente alto a disarmare il rovescio di Federer[2].
Un’evidenza tale da far chiedere a tutti come mai lo svizzero non cercasse
soluzioni alternative anziché subire costantemente della pressione esercitata
dal colpo migliore di Rafa. La spiegazione ha probabilmente origini “lontane”.
Fino all’avvento del suo più grande rivale, Federer non ha quasi mai avuto
bisogno di un piano partito specifico in base a chi si trovasse dall’altra
parte della rete[3]. Come se
la completezza del suo repertorio lo esimesse dallo spremersi per scovare i
punti deboli dell’avversario: se si palleggiava da fondocampo faceva valere la
maggiore pesantezza dei propri colpi, se veniva attaccato non andava in
difficoltà nello sfoderare passanti o lob, teneva tranquillamente sulla
diagonale di rovescio e dominava in quella di dritto. Tutto bello, ma nel
momento in cui è sopraggiunto un rivale capace almeno in un preciso aspetto di
metterlo alle corde, mancava l’attitudine a scegliere una tattica ad hoc per
tamponare i punti di forza del rivale.
Ancora più “grave” è la difficoltà – se non addirittura – la sudditanza psicologica che Roger sembrava spesso subire al cospetto di Nadal. L’impressione che si aveva da spettatori era che uno fosse più bravo e talentuoso ma che vincesse l’altro. Soprattutto, quando la partita si trasformava in lotta feroce, il maiorchino appariva più a suo agio, in uno stato prossimo all’esaltazione che lo portava a conquistare i punti più delicati. Persino Federer ha provato ad analizzare questa dinamica: “Ho sempre avuto l’impressione che contro di me giocasse un po’ meglio del solito”. L’affermazione corrisponde al vero ma è sbagliato il focus. Il vero problema non era che Nadal trovasse energie e soluzioni supplementari negli scontri diretti quanto che lo stesso non accadesse a Federer che, spesso, commetteva errori insoliti anche nei colpi abitualmente più affidabili. Soprattutto in determinate condizioni – in particolare sulla terra rossa – per la prima volta Roger si è trovato in una situazione che per tutti gli altri tennisti era nota fin dagli esordi: non essere l’unico responsabile del risultato, sapere che la vittoria non dipendeva soltanto dal proprio stato di forma ma anche da ciò che avrebbe fatto chi si trovava dall’altra parte della rete.
E questo lo infastidiva, preoccupava, destabilizzava. Roger ha spesso lottato ma senza la continuità nell’arco del match necessaria per spuntarla. Se prendiamo come riferimento l’epica finale di Wimbledon del 2008, mentre la concentrazione e l’agonismo di Nadal sono percepibili dal primo all’ultimo punto, sembra che Federer ritrovi il proprio tennis soltanto a tratti, nei momenti più drammatici come i tie-break del terzo e del quarto set dove attinge al suo talento per risalire da una situazione che appare disperata annullando magistralmente matchpoint in un estremo rifiuto alla sconfitta. Non era certo infondata la considerazione posta da un maestro come Rino Tommasi che si chiedeva all’epoca: “Con tutta l’ammirazione e la stima che merita un giocatore come Federer, viene da chiedersi come sia possibile giudicarlo il migliore tennista di sempre se non è neppure così certo che sia il migliore della propria generazione”.
Nel prossimo paragrafo daremo la parola alla “difesa” per valutare se gli head to head contro lo spagnolo rappresentino un ostacolo insormontabile alla candidatura dello svizzero a GOAT.
Su chi sia il migliore dei due si è aperto un dibattito ormai decennale e nel libro Roger Federer. Perchè è il più grande edito da Area51, si dedica un intero capitolo proprio alla rivalità tra lo spagnolo e lo svizzero. La sensazione è che senza la reciproca ingerenza, entrambi avrebbero vinto molto di più ma che noi da appassionati ci saremmo divertiti molto di meno.
Questo l'estratto del libro in cui si sottolinea la superiorità di Nadal negli scontri diretti ma come il giudizio complessivo vada fatto anche prendendo in considerazione altri fattori.
La copertina del libro Roger Federer Perchè è il più grande pubblicato da Area 51 |
Ancora più “grave” è la difficoltà – se non addirittura – la sudditanza psicologica che Roger sembrava spesso subire al cospetto di Nadal. L’impressione che si aveva da spettatori era che uno fosse più bravo e talentuoso ma che vincesse l’altro. Soprattutto, quando la partita si trasformava in lotta feroce, il maiorchino appariva più a suo agio, in uno stato prossimo all’esaltazione che lo portava a conquistare i punti più delicati. Persino Federer ha provato ad analizzare questa dinamica: “Ho sempre avuto l’impressione che contro di me giocasse un po’ meglio del solito”. L’affermazione corrisponde al vero ma è sbagliato il focus. Il vero problema non era che Nadal trovasse energie e soluzioni supplementari negli scontri diretti quanto che lo stesso non accadesse a Federer che, spesso, commetteva errori insoliti anche nei colpi abitualmente più affidabili. Soprattutto in determinate condizioni – in particolare sulla terra rossa – per la prima volta Roger si è trovato in una situazione che per tutti gli altri tennisti era nota fin dagli esordi: non essere l’unico responsabile del risultato, sapere che la vittoria non dipendeva soltanto dal proprio stato di forma ma anche da ciò che avrebbe fatto chi si trovava dall’altra parte della rete.
E questo lo infastidiva, preoccupava, destabilizzava. Roger ha spesso lottato ma senza la continuità nell’arco del match necessaria per spuntarla. Se prendiamo come riferimento l’epica finale di Wimbledon del 2008, mentre la concentrazione e l’agonismo di Nadal sono percepibili dal primo all’ultimo punto, sembra che Federer ritrovi il proprio tennis soltanto a tratti, nei momenti più drammatici come i tie-break del terzo e del quarto set dove attinge al suo talento per risalire da una situazione che appare disperata annullando magistralmente matchpoint in un estremo rifiuto alla sconfitta. Non era certo infondata la considerazione posta da un maestro come Rino Tommasi che si chiedeva all’epoca: “Con tutta l’ammirazione e la stima che merita un giocatore come Federer, viene da chiedersi come sia possibile giudicarlo il migliore tennista di sempre se non è neppure così certo che sia il migliore della propria generazione”.
Nel prossimo paragrafo daremo la parola alla “difesa” per valutare se gli head to head contro lo spagnolo rappresentino un ostacolo insormontabile alla candidatura dello svizzero a GOAT.
Statistiche head to head
2004
|
Miami
|
USA
|
Hard
|
32
|
NADAL
|
6-3 6-3
|
2005
|
Roland Garros
|
FRA
|
Clay
|
SF
|
NADAL
|
6-3 4-6 6-4 6-3
|
2005
|
Miami
|
USA
|
Hard
|
FR
|
FEDERER
|
6-2 7-6(4) 6-7(5) 3-6 1-6
|
2006
|
Masters Cup
|
CHN
|
Hard
|
SF
|
FEDERER
|
4-6 5-7
|
2006
|
Wimbledon
|
GBR
|
Grass
|
FR
|
FEDERER
|
0-6 6-7(5) 7-6(2) 3-6
|
2006
|
Roland Garros
|
FRA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
1-6 6-1 6-4 7-6(4)
|
2006
|
Roma
|
ITA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-7(0) 7-6(5) 6-4 2-6 7-6(5)
|
2006
|
Montecarlo
|
MON
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-2 6-7(2) 6-3 7-6(5)
|
2006
|
Dubai
|
UAE
|
Hard
|
FR
|
NADAL
|
2-6 6-4 6-4
|
2007
|
Masters Cup
|
CHN
|
Hard
|
SF
|
FEDERER
|
4-6 1-6
|
2007
|
Wimbledon
|
GBR
|
Grass
|
FR
|
FEDERER
|
6-7(7) 6-4 6-7(3) 6-2 2-6
|
2007
|
Roland Garros
|
FRA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-3 4-6 6-3 6-4
|
2007
|
Amburgo
|
GER
|
Clay
|
FR
|
FEDERER
|
6-2 2-6 0-6
|
2007
|
Montecarlo
|
MON
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-4 6-4
|
2008
|
Wimbledon
|
GBR
|
Grass
|
FR
|
NADAL
|
6-4 6-4 6-7(5) 6-7(8) 9-7
|
2008
|
Roland Garros
|
FRA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-1 6-3 6-0
|
2008
|
Amburgo
|
GER
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
7-5 6-7(3) 6-3
|
2008
|
Montecarlo
|
MON
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
7-5 7-5
|
2009
|
Madrid
|
ESP
|
Clay
|
FR
|
FEDERER
|
4-6 4-6
|
2009
|
Australian Open
|
AUS
|
Hard
|
FR
|
NADAL
|
7-5 3-6 7-6(3) 3-6 6-2
|
2010
|
Atp Finals
|
GBR
|
Hard
|
FR
|
FEDERER
|
3-6 6-3 1-6
|
2010
|
Madrid
|
ESP
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-4 7-6(5)
|
2011
|
Atp Finals
|
GBR
|
Hard
|
FEDERER
|
3-6 0-6
|
|
2011
|
Roland Garros
|
FRA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
7-5 7-6(3) 5-7 6-1
|
2011
|
Madrid
|
ESP
|
Clay
|
SF
|
NADAL
|
5-7 6-1 6-3
|
2011
|
Miami
|
USA
|
Hard
|
SF
|
NADAL
|
6-3 6-2
|
2012
|
Indian Wells
|
USA
|
Hard
|
SF
|
FEDERER
|
3-6 4-6
|
2012
|
Australian Open
|
AUS
|
Hard
|
SF
|
NADAL
|
6-7(5) 6-2 7-6(5) 6-4
|
2013
|
Atp Finals
|
GBR
|
Hard
|
SF
|
NADAL
|
7-5 6-3
|
2013
|
Cincinnati
|
USA
|
Hard
|
QF
|
NADAL
|
5-7 6-4 6-3
|
2013
|
Roma
|
ITA
|
Clay
|
FR
|
NADAL
|
6-1 6-3
|
2013
|
Indian Wells
|
USA
|
Hard
|
QF
|
NADAL
|
6-4 6-2
|
2015
|
Basilea
|
SWI
|
Hard
|
FR
|
Federer
|
6-3 5-7 6-3
|
2.1.1 Contro-obiezione: ciò che i
numeri non dicono
I fan di Federer tendono a rimuovere il problema degli
scontri diretti con Nadal negando la rilevanza dello score nelle sfide face to
face. È vero, in linea generale, che se
ci limitiamo a questo aspetto per giudicare i giocatori finiremmo per avere
sorprese e dati fuorvianti. Per esempio Federer ha uno score negativo con il
modesto slovacco Hrbaty (1-2) mentre ha un devastante 16-0 a suo favore contro
un giocatore di primo livello come lo spagnolo David Ferrer. Ma il numero
cospicuo di raffronti e il fatto che siano stati dominatori indiscussi della
scena per così tanto tempo, non permette di trascurare il peso degli head to
head tra Federer e Nadal. A onor del vero, ci sono almeno tre contro-obiezioni che
la difesa può avanzare per spiegare – non certo giustificare – il divario così
netto a favore dello spagnolo negli scontri diretti:
1.
Superficie:
Nadal è il re della terra, nessuno ha vinto come lui sul rosso. Federer è il re
dell’erba, nessuno ha vinto come lui sul verde. Con questa premessa è evidente
che se il numero di sfide sulla terra battuta è cinque volte superiore a quello
sull’erba (15-3), a beneficiarne è lo spagnolo. Se nello sci confrontassimo un
discesista e uno slalomista rivali negli stessi anni, i piazzamenti
cambierebbero radicalmente prendendo in esami le gare tra i pali stretti e
quelle di alta velocità. Questa preponderanza numerica sul terreno prediletto
da Rafa si riverbera sul conteggio complessivo. Infatti, se “depuriamo” il
conto dall’impietoso 13-2 sul rosso, è facile capire come sulle altre
superfici, il raffronto è più equilibrato con Federer che ha la meglio sull’erba
e indoor, mentre Rafa mantiene una leggera supremazia sul cemento oudoor.
Ciò non discolpa Federer dall’aver sciupato delle occasioni per vincere anche sulla superficie più avversa: ha perso una finale di Roma dopo aver avuto matchpoint e più volte si è fatto rimontare dall’irriducibile mancino di Manacor difettando di killer istinct[4].
Ciò non discolpa Federer dall’aver sciupato delle occasioni per vincere anche sulla superficie più avversa: ha perso una finale di Roma dopo aver avuto matchpoint e più volte si è fatto rimontare dall’irriducibile mancino di Manacor difettando di killer istinct[4].
2.
Il
vantaggio del successore: Molto spesso nel tennis si assiste ad un
passaggio di consegne. Il detentore si vede sfilare lo scettro dal successore:
più giovane, più affamato, armato dall’ambizione di diventare leader e non
gravato dalla pressione di mantenere una posizione consolidata. Se analizziamo
gli head to head storici, ci accorgiamo come quasi sempre chi arriva dopo ha
uno score favorevole con il rivale più anziano, ma ciò non è sufficiente per
dare giudizi sul valore assoluto dei protagonisti presi in esame. Per esempio,
Ivan Lendl che ha raccolto lo scettro da John McEnroe ha uno score favorevole
con il demiurgo di You ain’t be serious (19-14) mentre ha un passivo di 5-3
negli head to head con Pete Sampras. Lo stesso Sampras ha perso l’unico scontro
diretto con Federer ed è facile prevedere data l’ascesa dello svizzero e il
calo fisico dell’americano che, se dopo quel luglio 2001, si fossero affrontati
nuovamente, Roger avrebbe avuto maggiori possibilità di incrementare il divario.
E focalizzandoci sul duello tra Federer e Djokovic, ci accorgiamo di come questa regola tenda a essere rispettata. E’ vero che in seguito alla finale delle Atp Finals 2015, il computo dopo 44 scontri è in perfetto equilibrio: 22-22. Ma se approfondiamo l’analisi ci accorgiamo che nella prima metà , con un Federer all’apice e un Djokovic ancora in fase di maturazione, ci sia una netta prevalenza dello svizzero (13-6 nelle prime diciannove sfide) mentre in seguito il serbo ha colmato il divario cristallizzando la propria impennata a numero uno e sfruttando il fisiologico calo di Roger[5].
E focalizzandoci sul duello tra Federer e Djokovic, ci accorgiamo di come questa regola tenda a essere rispettata. E’ vero che in seguito alla finale delle Atp Finals 2015, il computo dopo 44 scontri è in perfetto equilibrio: 22-22. Ma se approfondiamo l’analisi ci accorgiamo che nella prima metà , con un Federer all’apice e un Djokovic ancora in fase di maturazione, ci sia una netta prevalenza dello svizzero (13-6 nelle prime diciannove sfide) mentre in seguito il serbo ha colmato il divario cristallizzando la propria impennata a numero uno e sfruttando il fisiologico calo di Roger[5].
3.
La
reazione di Federer: Abbiamo detto ampiamente di come Federer abbia
sofferto l’esuberanza di Nadal e il passaggio di mano nel ranking. Ma è anche
vero – ed è un’anomalia quasi assoluta nella storia del tennis - che lo
svizzero ha saputo reagire ritrovando smalto, rimboccandosi le maniche e
trovando nuove soluzioni. All’iniziale destabilizzazione inevitabile per chi si
scopre d’improvviso vulnerabile, è seguita una new wave che ha assicurato a
Roger un ritorno in auge. È piuttosto superficiale sostenere che dopo l’annus
horribilis del 2013[6], Federer
sia tornato in condizioni fisiche simili ai primi anni della carriera.
Senz’altro ha risolto i problemi alla schiena che ne avevano condizionato il
rendimento e il suo “invecchiamento” è decisamente più dolce rispetto ai
predecessori, ma non è mai esistito un giocatore che a 33 o 34 anni fosse
reattivo ed esplosivo come a 24 o 25. Piuttosto Roger ha saputo mascherare la
carta anagrafica cambiando tattica e stile di gioco: ancora più aggressivo e
intenzionato ad accorciare la durata degli scambi, più propenso a scendere a
rete e a intensificare le variazioni sul tema. In una recente intervista
Federer ha confermato come “Nadal lo abbia spinto a cambiare il suo modo di
giocare” ma giudica ciò un passaggio utile per il proprio accrescimento e non
una nota di lesa maestà. Al di là dei vantaggi oggettivi comportati
dall’impiego di una nuova racchetta e dall’avvento di un tecnico dallo stile
elegante e offensivo come Stefan Edberg, è nella ricerca di migliorarsi per
continuare a regalare emozioni a se stesso e agli altri che bisogna trovare la
didattica di Federer. Non chiediamo ai giovani di emularne la volée di rovescio
così come non si chiede ai giovani pittori di emulare le pennellate di
Caravaggio, ma insegniamo loro come anche il giocatore più vincente, pagato e
amato della storia possa avere voglia di rimettere in discussione il proprio
tennis per competere contro i migliori rappresentanti delle generazioni
successive. Ed è paradossale che dopo il sorpasso operato da Nadal in testa
alla classifica nel 2008, a distanza di sette stagioni, nonostante all’anagrafe
lo spagnolo vanti cinque primavere di meno, sia lo svizzero ad apparire meno consunto
mentalmente e fisicamente.
E adesso come direbbe il poeta Guccini parafrasando la sua L’avvelenata, “dati causa e pretesto,
le attuali conclusioni” rimane da sciogliere un dubbio basilare: chi è più
grande tra Nadal e Federer? Anche qui, churcilliani fino al midollo,
soppeseremo le ragioni di entrambi per poter dare un giudizio che, seppur
arbitrario, sia motivato da parametri tangibili. Come detto, dalla parte di
Nadal pende la straripante supremazia negli scontri diretti, la sudditanza psicologica
(anche se sempre negata dall’interessato) di Federer quando si trovava lo
spagnolo dall’altra parte della rete e il primato di aver conquistato tutti i
Master 1000 (a Roger mancano Roma e Montecarlo). Dalla parte di Federer c’è …
tutto il resto. Prendiamo in esami i cinque criteri impiegati come linea guida
di questo lavoro:
- Vittorie: Federer ha vinto di più sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo. Il bilancio dello Slam che rimane un attendibile indicatore è 17 a 14 per lo svizzero.
- Continuità: Non soltanto il raffronto delle settimane da numero del ranking è impietoso con Roger che doppia abbondantemente Rafa (302 a 141), ma anche la continuità nel corso delle singole stagioni premia l’elvetico. Nadal è stato spesso costretto a stop per problemi fisici e progressivamente ha “accorciato” la stagione saltando appuntamenti importanti. Non è ovviamente una colpa, ma è una conseguenza di quanto, per sua stessa ammissione, lo spagnolo abbia dovuto spremersi per raggiungere il rivale.
- Apice: Come detto, la lunghezza del dominio di Federer non ha eguali. Nadal ha toccato l’apice probabilmente nell’anno di grazia 2010, ma se dobbiamo descrivere il suo regno, forse è più facile identificarlo “spazialmente” che “temporalmente”. Più che di un’egemonia in una stagione, si dovrebbe parlare di un’egemonia su una superficie. Sul “rosso” Nadal ha confermato per un decennio una superiorità difficile da riscontrare non solo nel tennis , ma in qualunque sport: un atteggiamento da cannibale capace di scoraggiare gli avversari ancora prima di scendere in campo.
- Stile: Anche lo stile di Nadal è assolutamente particolare, ma come da lui stesso confermato, meno naturale e più costruito di quello di Federer. Sbaglia, però, chi giudica “ordinario” o ripetitivo il gioco del maiorchino: il trasudare di grinta, voglia ossessiva di vincere, la capacità della chela mancina di affettare ogni palla, lo hanno reso riconoscibilissimo. Di lui si è detto: “Nessuno ha vinto così tante partite giocando male” e rimane uno dei più grandi complimenti da fare a un giocatore. Significa avere quel quid in più che fa la differenza nelle giornate storte: roba da vincenti e spettacolo per fini intenditori.
- Atteggiamento: Per correttezza, abnegazione per il gioco, fair play, impegno nel sociale e propensione a mettere a disposizione la propria immagine per finalità benefiche, i due fuoriclasse sono alla pari. E i reciproci attestati di stima sembrano genuini, a conferma di come la rivalità tra campioni spesso contenga in sé i genomi del rispetto. In fondo, come spesso affermato dai protagonisti, ad altissimo livello anche dopo il duello più cruente, vi è l’empatia derivante dal capire cosa provi l’altro. Ognuno dei due nel momento del trionfo era consapevole della delusione che viveva contemporaneamente l’antagonista: gli abbracci e le pacche sulle spalle durante le premiazioni delle finali che li hanno visti contrapposti, sono la logica conseguenza. Semmai, come nota scherzosa, potremmo dire che se un alieno fosse proiettato sul nostro pianeta e scoprisse che uno dei migliori interpreti prima di ogni punto si deve grattare le orecchie, sfiorare il naso, aggiustarsi le spalle, ravanare nel bassoventre e sfrugugliare i posteriori … beh, avrebbe dei dubbi sull’importanza dello stile nel tennis.
- Vittorie: Federer ha vinto di più sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo. Il bilancio dello Slam che rimane un attendibile indicatore è 17 a 14 per lo svizzero.
- Continuità: Non soltanto il raffronto delle settimane da numero del ranking è impietoso con Roger che doppia abbondantemente Rafa (302 a 141), ma anche la continuità nel corso delle singole stagioni premia l’elvetico. Nadal è stato spesso costretto a stop per problemi fisici e progressivamente ha “accorciato” la stagione saltando appuntamenti importanti. Non è ovviamente una colpa, ma è una conseguenza di quanto, per sua stessa ammissione, lo spagnolo abbia dovuto spremersi per raggiungere il rivale.
- Apice: Come detto, la lunghezza del dominio di Federer non ha eguali. Nadal ha toccato l’apice probabilmente nell’anno di grazia 2010, ma se dobbiamo descrivere il suo regno, forse è più facile identificarlo “spazialmente” che “temporalmente”. Più che di un’egemonia in una stagione, si dovrebbe parlare di un’egemonia su una superficie. Sul “rosso” Nadal ha confermato per un decennio una superiorità difficile da riscontrare non solo nel tennis , ma in qualunque sport: un atteggiamento da cannibale capace di scoraggiare gli avversari ancora prima di scendere in campo.
- Stile: Anche lo stile di Nadal è assolutamente particolare, ma come da lui stesso confermato, meno naturale e più costruito di quello di Federer. Sbaglia, però, chi giudica “ordinario” o ripetitivo il gioco del maiorchino: il trasudare di grinta, voglia ossessiva di vincere, la capacità della chela mancina di affettare ogni palla, lo hanno reso riconoscibilissimo. Di lui si è detto: “Nessuno ha vinto così tante partite giocando male” e rimane uno dei più grandi complimenti da fare a un giocatore. Significa avere quel quid in più che fa la differenza nelle giornate storte: roba da vincenti e spettacolo per fini intenditori.
- Atteggiamento: Per correttezza, abnegazione per il gioco, fair play, impegno nel sociale e propensione a mettere a disposizione la propria immagine per finalità benefiche, i due fuoriclasse sono alla pari. E i reciproci attestati di stima sembrano genuini, a conferma di come la rivalità tra campioni spesso contenga in sé i genomi del rispetto. In fondo, come spesso affermato dai protagonisti, ad altissimo livello anche dopo il duello più cruente, vi è l’empatia derivante dal capire cosa provi l’altro. Ognuno dei due nel momento del trionfo era consapevole della delusione che viveva contemporaneamente l’antagonista: gli abbracci e le pacche sulle spalle durante le premiazioni delle finali che li hanno visti contrapposti, sono la logica conseguenza. Semmai, come nota scherzosa, potremmo dire che se un alieno fosse proiettato sul nostro pianeta e scoprisse che uno dei migliori interpreti prima di ogni punto si deve grattare le orecchie, sfiorare il naso, aggiustarsi le spalle, ravanare nel bassoventre e sfrugugliare i posteriori … beh, avrebbe dei dubbi sull’importanza dello stile nel tennis.
[1] Per
correttezza e obiettività d’analisi del giocatore spagnolo, quest’analisi si
basa sulle numerosi stagioni che hanno visto Nadal come straordinario
protagonista della scena e non sulle difficoltà delle ultime stagioni
[2] Per
fortuna o sfortuna di Federer, nel circuito non si sono affermati mancini con
un dritto in top spin pronunciato come quello di Nadal. Allo svizzero dava più
fastidio la rotazione del colpo piuttosto della potenza: contro giocatori
dotati di un dritto incisivo ma piatto, Federer non ha sofferto.
[3] Non è un
caso che Roger non abbia avuto un tecnico fisso che lo seguisse fulltime per
molti anni
[4] Non solo
contro Nadal, Federer ha sempre pagato, per esempio, una difficoltà evidente
nel convertire le palle break.
[5] Questa
seconda – o addirittura terza – rinascita di Federer iniziata nel 2014 e che ha
portato a due finali consecutive a Wimbledon, soltanto agli occhi distratti può
far credere che si tratti di un Roger vicino ai migliori livelli personali di
sempre. L’apice, come detto è arrivato dal 2004 al 2007, mentre i risultati più
recenti denotano la grandezza assoluta del giocatore in grado di rimanere
competitivo con avversari più giovani, meno logori e più reattivi.
[6]
L’espressione annus horribilis è relativa agli standard di Federer. Per quanto
decisamente più negativa rispetto alle precedenti, Federer non ha subito il
crollo di altri ex numeri 1, chiudendo l’annata al numero sei del ranking.